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Come hanno trovato il primo esopianeta?

By Rino Bandiera
In Blog, Coding
Tagged Per insegnanti, Per studenti
Rappresentazione artistica dell’esopianeta gioviano caldo 51 Pegasi b, che orbita attorno a una stella a circa 50 anni luce dalla Terra nella costellazione settentrionale di Pegaso (il Cavallo Alato). Si tratta del primo esopianeta scoperto, nel 1995, rilevato con il metodo delle velocità radiali. Crediti: Eso/M. Kornmesser/Nick Risinger

Il 6 ottobre 1995 fu un giorno straordinario per la storia dell’astronomia perché venne annunciata la scoperta del primo pianeta al di fuori del Sistema solare, da parte dei due astrofisici svizzeri Michel Mayor e Didier Queloz. La scoperta del nuovo pianeta, un gigante gassoso estremamente vicino alla sua stella, fu resa ufficiale il 25 ottobre dello stesso anno, e valse ai due scienziati il Premio Nobel per la Fisica nel 2019.

Questo primo esopianeta scoperto è 51 Pegasi b, il prototipo dei pianeti gioviani caldi, in orbita attorno alla stella 51 Pegasi, chiamato anche Bellerofonte dal nome dell’eroe greco che domò il cavallo alato Pegaso, la costellazione in cui si trova.

Da quel lontano giorno di 30 anni fa, sono stati confermati più di 6000 esopianeti e altri 8000 già individuati devono essere confermati. Il numero è in continua crescita e questo campo di ricerca è uno dei più affascinanti dell’astronomia moderna.

Ma come hanno fatto i due astrofisici ad accorgersi del pianeta? Lo hanno scoperto grazie al metodo delle velocità radiali, che in questa pagina cercheremo di illustrarvi con un programma Scratch che potete remixare, guardandoci dentro per capire il codice.

Il metodo delle velocità radiali si basa sull’effetto Doppler applicato alla luce emessa dalla stella attorno alla quale il pianeta ruota, ossia al cambiamento apparente della frequenza o della lunghezza d’onda della luce emessa dalla stella stessa, in movimento rispetto a noi che la stiamo osservando. Se la stella si avvicina a noi, la frequenza aumenta (e la lunghezza d’onda diminuisce), causando uno spostamento verso il blu; se invece la sorgente si allontana, la frequenza diminuisce (e la lunghezza d’onda aumenta), provocando uno spostamento verso il rosso. L’effetto Doppler è fondamentale in astronomia perché ci consente di misurare la velocità con cui un astro si muove verso o lontano dalla Terra, osservando le variazioni nelle righe spettrali della luce emessa.

Infografica sul metodo della velocità radiale per la caccia agli esopianeti (cliccare per ingrandire). Crediti: nobelprize.org (trad. it. di Media Inaf)

Tornando all’esopianeta di partenza, è ovvio che risenta dell’attrazione gravitazionale della stella attorno alla quale ruota. È un pochino meno ovvio il contrario, ossia che anche il pianeta eserciti un’attrazione gravitazionale sulla stella, influenzandone la posizione. Ma è quello che accade, soprattutto se il pianeta è bello grosso e vicino alla sua stella, come nel caso di 51 Pegasi b.

Quando un pianeta orbita intorno a una stella, esercita un’attrazione gravitazionale che fa oscillare la stella attorno al centro di massa del sistema. Questa oscillazione induce variazioni nella velocità radiale della stella, ossia nella sua velocità lungo la linea di vista rispetto alla Terra. Queste variazioni di velocità causano uno spostamento verso il blu (quando la stella si avvicina) o verso il rosso (quando si allontana) delle righe spettrali nella luce della stella, che vengono rilevate mediante spettrometri di alta precisione. Analizzando questi spostamenti Doppler periodici, è possibile dedurre la presenza di un esopianeta, stimare la sua massa minima e il suo periodo orbitale.

Come già sottolineato, il metodo è particolarmente efficace per rilevare pianeti massicci con orbite vicine alla loro stella, perché influenzano maggiormente la stella. È una tecnica indiretta – come il metodo dei transiti – che richiede osservazioni ripetute su più periodi orbitali per ottenere risultati affidabili. Attualmente, è uno dei metodi più utilizzati per la scoperta di esopianeti, anche se meno efficiente del metodo dei transiti in termini di numero di pianeti individuati.

Questo programma Scratch vi mostra come funziona, ossia come hanno fatto gli scienziati Mayor e Queloz a capire che attorno a 51 Pegasi doveva esserci un pianeta. Divertitevi a sperimentare come cambia l’entità dell’effetto al variare della massa del pianeta, ad ascoltare come cambia la frequenza dell’onda emessa (facendo un paragone con il suono, per poter essere udito).

Infine, potete sperimentare direttamente modificando l’ampiezza dell’oscillazione della stella e l’errore associato a ciascuna misura. In questo modo potrete osservare quanto sia importante la precisione delle misure affinché l’oscillazione non venga mascherata dal rumore.

Gli sprite di Martina Tremenda utilizzati nel progetto sono stati creati da Barbara Olmi.

 

Licenza per il riutilizzo del testo:
2025-09-29

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A cura del gruppo di didattica innovativa dell’INAF. Le traduzioni in inglese, francese e tedesco sono curate da Giuliana Giobbi.

 

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