Attività didattica progettata da Anita Zanella durante il corso di dottorato “Designing innovative public engagement activities” tenuto all’Università di Bologna nel 2023.
Si possono suonare le galassie? E ascoltare i buchi neri? Che danze si ballano sotto le stelle? Con questa attività potrete suonare le splendide immagini dell’universo che solitamente siamo abituati a vedere e, perché no, danzare al suono di nebulose e pianeti!
Materiali
• Software Edukoi (link)
• Computer con videocamera e casse funzionanti
• Prima immagine della facciata di villa Arrighi (link)
• Seconda immagine della facciata di villa Arrighi (link)
• Immagine di una galassia a spirale (link)
• Immagine di una nebulosa (link)
• Immagine di Marte (link)
• Bende per gli occhi
Descrizione dell’attività
PREPARAZIONE:
Prima dell’inizio dell’attività è necessario installare il software Edukoi su un computer che abbia videocamera e casse. Volendo si possono proiettare le immagini su un muro (o schermo) utilizzando un proiettore per rendere l’attività più coinvolgente per l’intero gruppo e migliorare la visibilità. L’attività può essere svolta in gruppo. Si suggerisce un numero massimo di partecipanti pari a 20 persone. Ricordarsi, ad ogni cambio di immagine, di bendare i partecipanti.
SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITÀ:
Introdurre l’idea che si tratta di un laboratorio di astronomia e chiedere se qualcuno sa cosa fanno gli astronomi e come lo fanno. Domande possibili: cosa fanno gli astronomi e le astronome? Che cosa studiano? Come fanno a studiare l’Universo, con quali strumenti? Gli astronomi studiano lo spazio, l’Universo, le stelle, i pianeti, le galassie, i buchi neri, le nebulose, … Potreste ricevere la risposta che gli astronomi vanno nello spazio. Chiarire che quelli sono gli astronauti. Gli astronomi restano con i piedi per terra. Gli astronomi studiano l’Universo utilizzando telescopi (spaziali o da terra), satelliti, rover.
Introdurre l’idea che siamo tutti abituati a pensare che l’astronomia è una scienza visiva, che si basa su immagini e grafici. Guidare i partecipanti a riflettere, rivelare che i dati raccolti dai telescopi in realtà sono dati digitali numerici. Raccontare ai partecipanti che siamo abituati a vedere splendide immagini astronomiche, ma ciò gli astronomi ricevono dai telescopi sono numeri, non immagini. I nostri occhi non possono vedere la maggior parte dei fenomeni astronomici. Con i nostri occhi, andando nei luoghi più bui della terra, riusciamo a vedere al massimo le 3000 stelle più brillanti della nostra galassia. Le altre stelle sono troppo lontane e hanno luce troppo debole per essere viste con gli occhi. E ancor più, la maggior parte dei corpi celesti emette tipi di luce che i nostri occhi non possono percepire, come per esempi i raggi X, la radiazione infrarossa, la radiazione ultravioletta. Chiedere ai partecipanti se conoscono esempi di corpi sulla terra che emettono questi tipi di radiazione. Domande possibili: Qualcuno conosce qualche oggetto sulla terra che emette radiazione infrarossa? Se vi avvicinate a un termosifone, che cosa percepite? Il calore del termosifone, che non potete vedere con gli occhi, ma che potete percepire sulla pelle, è radiazione infrarossa. Qualcuno sa fare un esempio di un luogo dove entriamo direttamente in contatto con i raggi ultravioletti, sulla terra? Quando siamo sulla spiaggia e non ci mettiamo la crema solare, cosa succede? Ci scottiamo. Quello che ci scotta è la radiazione ultravioletta emessa dal Sole. Qualcuno dei partecipanti potrebbe farvi notare che c’è anche la materia oscura. Raccontate loro che la materia oscura non emette radiazione e quindi in effetti non può essere vista con i nostri occhi. L’unico modo per scoprire la materia oscura è quella di percepirne l’attrazione gravitazione (ovvero la stessa forza che ci trattiene con i piedi per terra).
Riprendere l’idea che i nostri occhi non possono vedere il 99% del nostro Universo. Gli astronomi ricevono dunque dati numerici e li trasformano in immagini (o grafici) per dare un senso a tutti questi numeri. La rappresentazione visiva di dati numerici è solo una scelta, ma potremmo utilizzare anche altri metodi. Durante questo laboratorio trasformeremo i dati in suono. Questa è una nuova strada che alcuni astronomici stanno percorrendo: stanno esplorando la possibilità di usare il suono per rappresentare i dati numerici, sia per fare ricerca (ovvero scoprire come funziona l’Universo) sia per fare divulgazione (ovvero passare dei momenti piacevoli con il pubblico, proprio come stiamo facendo ora).
Preparare i partecipanti all’attività che segue: ciò che faremo sarà esplorare dati astronomici attraverso il suono. Per farlo utilizzeremo uno strumento che si chiama Edukoi e che è stato creato di recente dagli astronomi. Raccontare che quando gli astronomi hanno un nuovo strumento (ad esempio un nuovo telescopio) per prima cosa devono però capire se funziona e come funziona. Si chiama “calibrazione” dello strumento o del telescopio. Noi faremo la stessa cosa. Proveremo ad utilizzare il nostro strumento (Edukoi) con dati che conosciamo e che abbiamo proprio davanti a noi: la facciata di Villa Arrighi.
Chiedere ad un partecipante di fare da calibratore. Bendare tutti i partecipanti e lo sperimentatore. Proiettare l’immagine della facciata della Villa. Chiedere al partecipante di esplorare l’immagine muovendo la mano davanti alla telecamera del computer.
Chiedere ai partecipanti di descrivere che cosa succede. Domande possibili: Che cosa sentite? Che cosa succede quando il partecipante passa il dito sulle finestre della villa? E sulla facciata? E sulle porte? Che cosa rappresenta il suono? Risposte possibili: il suono rappresenta il colore. Il blu ha il suono di acqua o bolle, il rosso ha il suono del fuoco, il verde ha il suono della foresta o del cinguettio degli uccelli.
Chiedere ad un altro partecipante di prendere il posto del precedente. Tutti sono nuovamente bendati. Il calibratore tocca una componente (porte, finestre o facciata) e gli altri devono indovinare quale colore stanno ascoltando. Ripetere questa fase qualche volta.
Ora la calibrazione diventa più difficile. Trovare un nuovo sperimentatore tra i partecipanti. Questa volta sulla facciata della villa c’è una traccia, una curva, una strada che si dipana dal lato sinistro della villa fino al lato destro. Dobbiamo seguirla, senza uscire dal tracciato, ovvero senza fuoriuscire sulla facciata. Quindi la facciata è di un colore e la curva di un altro. I partecipanti si bendano nuovamente. Chiedere di che colore è la facciata della villa e di che colore è la strada. Chiedere allo sperimentatore di seguire la strada con il dito e agli altri partecipanti di indicargli quando ne esce e si ritrova sulla facciata.
Ora che il nostro strumento, Edukoi, è stato calibrato e abbiamo capito come funziona possiamo passare all’esplorazione di immagini astronomiche. Chiarire subito che quelli che lo spazio è silenzioso, non possiamo sentire suoni al di fuori dell’atmosfera. Abbiamo bisogno di un mezzo (come per esempio l’aria) perché il suono si possa propagare e raggiungerci. Nello spazio vuoto non c’è nulla, nemmeno il suono. Quindi tutti i suoni che sentiremo sono nostre scelte arbitrarie.
Raccontare ai partecipanti che la prima immagine astronomica che esploriamo è la nebulosa Elica. Questa nebulosa è ciò che si è formato quando una stella simile al Sole è arrivata al termine della propria vita. Chiedere se qualcuno dei partecipanti sa di che cosa sono fatte le stelle.
Le stelle sono fatte di gas.
Quando questa stella è diventata molto vecchia ha cominciato a espellere nello spazio il gas che la compone. Al centro rimane solo un piccolo puntino luminoso che è ciò che rimane della stella (che ora si chiama nana bianca perché è una stellina piccolina). Questa nana bianca continua a riscaldare la parte ci gas più vicina, mentre il gas più lontano diventa sempre più freddo. Ora con il nostro strumento Edukoi andiamo a scoprire di che colore è il gas emesso da questa stella. Chiedere quale partecipante vuole fare ora l’astronomo/a e come si chiama. Chiedere agli altri di abbassare la benda e chiudere gli occhi. Proiettare l’immagine della nebulosa elica. Chiedere al partecipante astronomo di esplorare l’immagine con una mano. Chiedere di che colore è il centro della nebulosa, di che colore sono gli strati più esterni e lontani. E quando sentiamo tutti i colori insieme quale oggetto astronomico stiamo esplorando?
Raccontare che gli strati più caldi di gas sono blu, mentre quelli più freddi sono rossi. Quando sentiamo tutti i suoni insieme stiamo ascoltando il colore bianco. Sono le stelle presenti nell’immagine. Far aprire gli occhi e osservare l’immagine. Chiedere se ciò che hanno immaginato ascoltando è simile o diverso da ciò che stanno ora osservando.
Raccontare ai partecipanti che la seconda immagine astronomica che esploriamo è una galassia. Si chiama galassia a spirale perché ha la forma di una spirale. Chiedere se qualcuno conosce una galassia a spirale speciale. La Via Lattea, la nostra galassia, è una galassia a spirale.
Raccontare ai partecipanti che cos’è una galassia: un insieme di stelle, gas, polvere, materia oscura, pianeti, nebulose. Chiedere ad un partecipante di venire ad utilizzare Edukoi e agli altri di abbassare la benda sugli occhi. Proiettare l’immagine. Guidare l’esplorazione chiedendo di che colore è il centro dell’immagine? E la zona più esterna? C’è davvero una sola galassia in quest’immagine o c’è anche qualcos’altro?
Far aprire gli occhi. Di nuovo chiedere se l’immagine assomigli a ciò che hanno immaginato. Se ci sono partecipanti non vedenti, chiedere a chi vede di descrivere a parole l’immagine. Raccontare che la grande galassia a spirale al centro dell’immagine si sta unendo con un’altra piccola galassia che appare nell’angolo in basso a sinistra. Sono entrambe galassie a spirale, con un nucleo rosso di stelle vecchie e fredde e braccia di spirale con stelle giovani e calde.
Concludiamo con l’esplorazione di un ultimo corpo celeste. Trovare nuovamente un esploratore volontario. Dire ai partecipanti che si tratta di un pianeta del Sistema Solare, ma questa volta devono indovinare loro di quale pianeta si tratta. I partecipanti devono nuovamente abbassare la benda. Guidare l’esplorazione dell’immagine.
Si tratta di Marte che viene chiamato il pianeta rosso per il colore delle rocce che lo ricoprono le quali sono, appunto, rosse. Permettere ai partecipanti di aprire gli occhi.
Concludere l’attività discutendo con i partecipanti riguardo alle loro emozioni durante l’esplorazione sonora e le loro impressioni. In particolare introdurre l’idea che utilizzare il suono (eventualmente insieme alle immagini) permette a tutti, anche chi non vede, di conoscere l’astronomia.
Domande possibili: Ora che abbiamo quasi concluso questo laboratorio, ci potreste raccontare che cosa avete provato nell’ascoltare i suoni di immagini astronomiche? Secondo voi in quali casi utilizzare il suono, anziché le immagini, può essere molto utile? Astronomi ciechi come possono fare per studiare i corpi celesti? Chi non vede può quindi diventare un astronomo o un’astronoma?
Concludere dicendo che chiunque lo voglia può diventare un astronomo o un’astronoma, al di là della vista. Dare il permesso ha chi non ha ancora potuto provare Edukoi di provarlo. Salutare gli altri partecipanti.
Spiegazione del processo fisico
Il processo di trasformazione dei dati astronomici in suono è chiamato “sonificazione”. Ci sono molti modi diversi di sonificare i dati. In questo laboratorio abbiamo deciso di associare suoni di elementi naturali (acqua, fuoco, …) ai colori, ovvero di associare timbri a colori. Avremmo potuto fare una scelta diversa e associare ai colori frequenze diverse (suoni gravi/acuti) oppure volumi diversi (alto/basso) o ritmi diversi (suoni lenti/veloci). Da studi di psicoacustica sembra che per classificare (ad esempio i colori) il metodo più efficace è usare il timbro (ad esempio ciò che distingue il fuoco dall’acqua, ma anche il violino dal pianoforte), da cui la nostra scelta.
La sonificazione applicata all’astronomia è ancora in fase di studio e sviluppo. Viene utilizzata soprattutto per la divulgazione, ma anche per l’educazione a scuola. Comincia da poco ad essere utilizzata anche per la ricerca astronomica.
Non solo l’astronomia comincia ad utilizzare la sonificazione, ma anche altre discipline (e.g., biologia, sismografia).